Ad un anno dall’undici settembre 2001 la casa editrice Mondadori pubblica un lavoro che fornisce un nuovo e stimolante contributo per meglio “leggere” i tragici eventi di New York.
Si tratta del libro The Lesson of Terror, secondo il titolo originale, scritto da uno storico militare statunitense, Caleb Carr.
L’Autore considera le analisi fin qui prodotte inadeguate rispetto agli eventi reali, incapaci di compenetrarsi correttamente con lo svolgimento dei fatti.
Superando l’approccio delle indagini sociologiche o delle scienze politiche, con la sua opera propone invece una nuova chiave di lettura del terrorismo, quella della storia militare.
Muovendo dalle guerre di distruzione degli antichi romani e giungendo fino ai nostri giorni, racconta eventi, analizza dati e teorie al fine di sostenere due principali tesi.
In primo luogo, egli afferma che il terrorismo non è, né può essere considerato, un fenomeno moderno; la pratica di uccidere sistematicamente i civili, come metodo per dissuaderli dall’appoggiare i loro governi, è una costante nella vicenda dei conflitti umani ed è stata ed è diffusa ovunque sul pianeta.
La troviamo nell’antichità classica, con la pratica dei saccheggi e dei massacri nelle città conquistate, così come nel Medioevo, quando cristiani e mussulmani passavano regolarmente a fil di spada intere popolazioni inermi.
Anche in epoca moderna, qualcosa di analogo a ciò che definiamo terrorismo è rinvenibile, ad esempio, durante la guerra civile americana, che tenne a battesimo il termine “guerra totale”.
È sufficiente in proposito ricordare la pratica raccapricciante del generale unionista Sherman di uccidere “ogni uomo, donna e bambino del sud”.
Per quanto riguarda la seconda teoria, l’attenzione dell’Autore è in particolare rivolta al tipo di risposta che si deve fornire agli attacchi dei terroristi.
Pensare di rispondere a massacri, come quello delle Twin Towers, con la stessa moneta, è sicuramente controproducente. La storia militare ci insegna che adottare la tecnica del terrore a lungo termine non ottiene il crollo psicologico del nemico, anzi ne mobilita tutte le risorse di resistenza, ed è proprio per questo che non ha mai conseguito successi duraturi.
E allora che fare? Per Carr il fenomeno del terrorismo non avrà fine fino a quando non verrà riconosciuto per quello che realmente è. Come egli stesso afferma, il terrorismo non sarà sradicato scendendo a patti con i suoi agenti, né attraverso la loro eliminazione fisica; esso terminerà quando sarà percepito come una strategia e una linea di condotta che non producono nulla se non il fallimento degli ideali che l’hanno ispirato.
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